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RICCARDO MORPURGO

RECENSIONI

Riccardo Morpurgo • 0039 3774724681 • morpurgoriccardo@gmail.com • CF MRPRCR70D09L424X

Answering

Riccardo Morpurgo trio

Jazzit, luglio 2009

Sergio Pasquandrea

 

La musica di Riccardo Morpurgo (triestino, classe 1970) si muove lungo una serie di margini: ad esempio, al margine tra forma strutturata e libera esplorazione improvvisativa, o al margine tra ricerca melodica e astrazione, tra cantabilità e scomposizione atonale, tra scattanti linee swing e tempo rubato.

Sebbene sia possibile cogliere riferimenti palesi alla tradizione del jazz europeo, o a maestri come Paul Bley o Keith Jarrett o persino Herbie Hancock, il linguaggio complessivo è frutto senza dubbio di una sintesi personale. I sette brani, tutte composizioni originali di Morpurgo, di durata quasi sempre distesa sui sette-otto minuti e oltre, variano dal rapsodico lirismo di “Apre la notte” alle inquiete polifonie di “Linee”, dal melodismo di “Canzone” al nervoso e zigzagante "Fast”, e così via, seguendo una vena compositiva che attinge sia al jazz sia a ricordi classici. Punto forte del disco, oltre alla bravura dei singoli musicisti, è il costante e sensibile dialogo fra le tre voci del trio, nel quale i due partner assecondano il discorso musicale del leader con precisione ed empatia.

 

 

Answering

Riccardo Morpurgo trio

Jazzitalia.net

Alessandro Carabelli

 

Trio all'apparenza molto tradizionale, ma in realtà piuttosto eclettico, quello composto dal pianista Riccardo Morpurgo, dal contrabassista Simone Serafini e dal batterista Luca Colussi. I tre, al lavoro su di un repertorio che si avvale della buona vena compositiva di Morpurgo, mostrano grande swing, ma anche una notevole sensibilità melodica e una capacità di astrazione che, in alcuni brani, li porta su territori più rarefatti.

Ne scaturisce una musica d'estrema godibilità, fortemente descrittiva e d'impatto, ricca di sofisticati dettagli, nella quale il pianista Morpurgo mette la sua formazione classica al servizio di un'espressività colta, incisiva legata ad una improvvisazione lineare, di forte impatto e con alcuni passaggi molto originali ed accattivanti.

Molto bello il dinamismo di Colussi leggero ed etereo nelle delicate composizioni come la notevole "Ricercare" quanto preciso, propulsivo e fantasioso nei tempi up come in "Fast" e in "Apre la Notte".

Serafini, dal canto suo, figura ottimamente in ogni spazio solistico in cui è chiamato in causa e dimostra di essere uno straordinario contrabbassista sia col pizzicato che con l'archetto; duetta meravigliosamente con Morpurgo nella title track e mette in mostra un lirismo di altissimo livello in "Canzone" o nella classicheggiante "Ricercare".

L'ottimo interplay, l'affiatamento, la minuziosa la cura dei dettagli, rendono questo "Answering" un lavoro molto fresco, mai ridondante, con diversi momenti davvero eccellenti e di forte emozionalità. Un prodotto davvero ben riuscito e che si posiziona sicuramente al di sopra della media di ciò che si può ascoltare e non solo in Italia.

 

 

Answering

Riccardo Morpurgo trio

jazzconvention.net

jazzconvention

 

Grande libertà espressiva, forme aperte e dialogo serrato tra i tre musicisti coinvolti in Answering: sono questi i tre grandi concetti attorno ai quali ruotano le cifre stilistiche dell'ultimo lavoro, pubblicato per Caligola Records, di Riccardo Morpurgo, eclettico personaggio del mondo della musica e della cultura in generale (numerose le sue collaborazioni in campo teatrale e televisivo) italiano. Sebbene infatti il pianoforte del leader sia sempre in primissimo piano, dimostrando di aver raggiunto una tecnica eccellente (non solo esecutiva ma anche compositiva), il dialogo in special modo con il contrabbasso di Serafini si sviluppa lungo l'intero disco: a suo agio sia con l'archetto che il jazzisticamente più classico pizzicato, il contrabbassista riesce a costruire un'ossatura precisa, libera e creativa (a volte anche intensamente lirica), su cui si innestano con facilità le digressioni del pianoforte e le sottolineature della batteria di Colussi, a tutti gli effetti "valore aggiunto" (sia detto senza intenti diminutivi) di Answering.

Riccardo Morpurgo mette insomma a segno un eccellente prodotto discografico, che pur senza discostarsi stilisticamente dalle tendenze del mainstream (specialmente europeo) moderno inserisce in qualche modo una cifra stilista personale, rendendo i 55 minuti di musica piacevolissimi e interessanti, pur senza mai strafare. Un lavoro impeccabile, che lascia ben sperare in futuri lavori ancora più marcatamente individuali e, per questo, accattivanti.

 

 

Morpurgo, a nord del pianoforte

ALIAS, Inserto culturale Manifesto

Sabato 15 marzo 2014

Guido Festinese

 

Una diteggiatura ricca, complessa, ma mai esteriore o decorativa, come succede quando troppe note sommergono le emozioni. Questa potrebbe essere un tentativo di spiegazione del pianismo di Riccardo Morpurgo.

In Dove è il nord (Caligola Records) il pianista, dopo ben cinque anni di silenzio discografico 13 brani di composizione in solitudine, dove scintillano echi bachiani e tristaniani, schegge romantiche e arditezze evansiane.

 

 

 

Dove è il Nord

Jazzitalia.net

Gianni Montano

 

Riccardo Morpurgo si misura con il suo pianoforte e registra il primo disco in solitudine. Dopo aver inciso principalmente in trio, il musicista friulano, evidentemente, ritiene di avere raggiunto la facoltà di affrontare la prova più ostica, senza accompagnatori e senza alcuna rete di protezione. In effetti la difficoltà più grossa in questo tipo di operazione è data dal confronto con la pletora di tastieristi che hanno tentato l'impresa in precedenza. È un campo piuttosto inflazionato, infatti, dove il modello ingombrante dei grandi maestri, come Jarrett e Corea, in prima battuta e di tanti loro epigoni, può rappresentare un vero ostacolo per chi tenta di esprimere un'estetica personale, fondata su proposte fresche, non di riporto. C'è il rischio della deriva imitativa, insomma. Morpurgo, ad ogni buon conto, ha spalle larghe, una solida preparazione accademica e si dedica al compito con l'intenzione precisa di lasciar scorrere le intuizioni, le idee, per dar luogo ad un'improvvisazione fluida, sciolta, basata sull'introspezione e sulla riappropriazione di vari tipi di linguaggio, relativi al piano solo, attraverso il filtro della sua ricettività, della sua sensibilità. Non si avverte in nessun caso la volontà di marcare un percorso, di segnare una tappa storica. Più semplicemente il pianista triestino offre all'ascoltatore una elaborazione o una rielaborazione di sue composizioni in un contesto per lui fino ad ora inedito, dimostrando di saper comunicare con il suo strumento. Comunicare è inteso nei due sensi, di rapporto e di trasmissione.

L'artista del Nordest utilizza pienamente tutta la tastiera. I temi vengono esposti e attorniati da una lussureggiante armonizzazione. Prevalgono il tempo lento o l'andante. In certe occasioni, però, si sale di ritmo e la musica si fa più concitata. In qualche circostanza, ancora, vengono fatte risuonare le corde all'interno della cassa armonica, per il resto le dita di Morpurgo accarezzano i tasti e si fermano, a volte, per sentir decantare le note. Sono vibrazioni che si propagano nell'aria come per incanto.

Le melodie sono semplici, hanno una struttura riconoscibile, in maggioranza, ma sono complicate da un'esecuzione che tende a sovrapporre abbellimenti, ricami o deviazioni inaspettate, per impreziosire, non certo per appesantire, il procedere delle tracce.

Il brano migliore è “Ricordo Kora”. Qui si sviluppa un motivo malinconico, che si fa strada fra una miriade di accordi e di arpeggi ripetuti e ribattuti, provocando una tensione sempre crescente per arrivare ad una parentesi molto libera e liquida, fino al gran finale con una scorribanda sulla tastiera in odore di camerismo free.

Riccardo Morpurgo esce vincitore da questa sfida, dimostrando di riuscire ad esprimere, a svelare il suo mondo interiore con il mezzo a lui più congeniale, il pianoforte.

 

 

Dove è il Nord

allaboutjazz.com

Neri Pollastri

 

Registrato in casa nel 2010, questo lavoro di Riccardo Morpurgo è un tipico esempio di interazione riflessiva con il proprio strumento, quel genere di opere che di quando in quando i musicisti appassionati realizzano in primo luogo per loro stessi, per scoprirsi e comprendersi più profondamente. E - non solo da questo punto di vista - il suo ascolto dimostra che in questo caso l’intento è perfettamente riuscito.

Il pianista triestino, infatti, esplora numerosi ambiti musicali, mostrando diverse anime di se stesso e dando vita in ciascuno a situazioni estremamente interessanti: in "Bolle di cristallo" crea delle formazioni sonore degne del titolo, lavorando sulle note alte, per poi passare a quelle basse e trasformare il clima con il solo cambio del suono; in “Ricercare” rinnova la pratica barocca della tastiera, producendo qualcosa di moderno e suggestivo; ne “Il Mangiasuono” recupera stilemi da avanguardie primo Novecento, ma li introduce entro una narrazione intrigante; nella lunga e composita “Ricordo Kora” (forse l'apice del lavoro) passa da suoni puntillistici a uno sviluppo lirico caratterizzato da variazioni, percussioni, abbellimenti e condotto prima sulle note alte accompagnate da un bordone eseguito con la sinistra, poi più volte invertito, con i bassi roboanti in primo piano e gli alti ad accompagnare, fino a tornare alle note isolatamente percussive.

Questi sono solo esempi tratti da un lavoro vario e complesso, ricco di stilemi, rinvii, introspezioni, e che pure appare semplice, rischiando di ingannare l'ascoltatore. Morpurgo è bravo alla tastiera—notevole il suo lavoro con la mano sinistra, interessante il modo in cui interviene percussivamente entro una cifra per molti aspetti classicheggiante -non meno di quanto lo sia creativamente -le invenzioni, come detto, non mancano.

Il lavoro è genuino, personale, spontaneo: privo di sfoggio di virtuosismo così come di ammiccanti riferimenti a scuole o maestri, Dove è il nord si lascia ascoltare come mera opera di Riccardo Morpurgo. Questo basta a farne oggetto di un ascolto più che interessante e appagante. Non è poco.

 

 

 

 

Intervista da Jazz Convention

 

Jazz Convention: Chi è Riccardo Morpurgo?

Riccardo Morpurgo: Sono nato a Trieste il 9 aprile 1970. Sono un musicista, pianista, compositore e improvvisatore. Mi piace la musica, la natura, i boschi, perdermi dal sentiero principale, amo la montagna e tutte le cose autentiche. Mi piace fare un orto. Amo la comicità: Massimo Troisi, Paolo Rossi, Buster Keaton, Charlie Chaplin, Jim Carrey e i pomodori cuore di bue. Mi piacciono i film nordici, Federico Fellini e la musica di Johan Sebastian Bach.

 

JC: Che tipo di studi musicali hai fatto?

RM: Ho studiato pianoforte classico al Conservatorio poi mi sono appassionato del progressive rock: Genesis anni ‘70 e King Crimson. Ho iniziato a comporre a 13 anni e subito dopo ho scoperto la musica ECM ma il jazz non lo digerivo, nel senso tradizionale del termine. Ho cominciato a suonare con qualche gruppo mie composizioni e deliri cosmico-adolescenziali. Mi piacevano i tempi dispari e le composizioni lunghe: le suite. Mi piacciono ancora entrambi.

 

JC: Poi però il jazz...

RM: A un certo punto sono arrivato al jazz "appena" a 24 anni dopo aver ascoltato un disco di Bill Evans e da lì mi si è aperto un mondo. Ed eccomi qua ancora a combattere. Ho in attivo un po’ di dischi con varie formazioni quali trio, quintetto, quartetto e piano solo.

 

JC: Mi parli del tuo nuovo disco?

RM: Il cd di piano solo - Dove è il Nord - è nato da uno stimolo venuto da una mia amica che mi conosce molto bene, sia umanamente che musicalmente. Mi ha detto semplicemente: «Perché non fai un disco delle tue musiche per piano solo?». Allora mi son chiuso a casa un po' di giorni, ho messo lo “zoom” dentro la coda del piano e son partito a suonare ed improvvisare sulle mie musiche. Dopo un po' mi son accorto che girotondare attorno alla propria musica scritta con un atteggiamento disinvolto e avere un'interpretazione libera rende l'atto musicale più umano, come dire meno dogmatico. Meno Morpurgo-Dogmatico; è un po' come liberarsi da se stessi ed esserlo ancora di più.

 

JC: E questa sorta di "liberazione"?

RM: È realmente improvvisare. Cioè interprete e compositore stanno assieme. Alcuni brani invece sono delle improvvisazioni vere e proprie. Sono orgoglioso di questo disco anche se ora farei qualcosa di diverso. Il cd l'ho chiamato Dove è il Nord ed è uscito per la Calligola Records grazie a Claudio Donà che io ringrazio per la fiducia. Il nord da un po' il senso dell'orientamento. Il nord mi piace. Forse un giorno farò un disco a sud dei miei pensieri.

 

JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?

RM: Il primo ricordo è un 45 giri di Burt Bacharach che mio padre mi diede credo quando avevo 4 o 5 anni. Era la versione originale che il compositore ha scritto per il film Butch and Cassidy and the sundance kid. Io sono legato a quell'esecuzione, per me è la più bella. Ricordo che mettevo il 45 giri in continuazione dentro al mangiadischi. Poi puntualmente lo rompevo e mio padre me ne comprò non so quante copie. Ho il chiaro ricordo del piacere che avevo ad ascoltare e sentire gli accordi maggiore settima e il giro armonico. Capivo la musica e lei capiva me. Insomma amore.

 

JC: Ma alla fine quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?

RM: Sono un musicista jazz? Il jazz è un linguaggio che permette di spaziare dappertutto: se sai suonare jazz puoi suonare musica rom, mazurche popolari, rock, musica classica e forse anche il jazz. Ma direi soprattutto la sperimentazione dell'improvvisazione. Nessun atto è più puro che improvvisare. O meglio affinché l'improvvisazione funzioni bisogna dire la verità. E se non sei puro e sincero non stai improvvisando. È un po' come fare una minestra: usi ingredienti che conosci ma puoi metterci tante spezie che vuoi e soprattutto per non diventare dei teorici devi saper annusare il risultato. Il fiuto.

 

JC: E in particolare te la senti ora di definirti un pianista jazz?

RM: Come già detto prima appunto, Bill Evans è stato il mio primo maestro. Ma oggi mi piacciono tanti pianisti, anche se il primo amore non si scorda mai. Tra i pianisti mi piacciono Paul Bley, Lennie Tristano, Andrew Hill, Bojan Zulfikarpasich, Herbie Hancock, Keith Tippett, Keith Jarrett insomma tanti...

 

JC: Ma cos'è per te il jazz?

RM: Il jazz è stato una liberazione dalle forme classiche, o meglio un’integrazione a queste. Ha combaciato con una rivoluzione sociale e culturale. Se parliamo del "genere jazz", beh è stata la rivoluzione della musica e della cultura. È stato l'unione del mondo dei neri e quello dei bianchi. Se parliamo dell'atteggiamento jazz invece è un modo di essere nella musica, quindi tanti generi musicali possono essere jazz. Trovo invece pericoloso però interpretare tutta la musica in maniera jazzistica, cioè usare manierismi. Per me il jazz è essere nel ritmo e camminare: una cosa del genere...

 

JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica?

RM: La musica per me è metafisica: cura mente e corpo. Corpo nel senso che quando l'energia scorre bene fai delle cose che normalmente non puoi o non vuoi fare nella vita quotidiana. Assistere ad un evento musicale è come assistere ad una preghiera rivolta al cosmo, è un atto magico. Mi sento Panoramix quando faccio musica. La mente perché smette di pensare e comincia a "essere".

 

JC: Mi spieghi meglio questo concetto molto filosofico?

RM: Quando ad esempio fai la spesa non pensi alla stessa cosa di quando stai improvvisando. Forse quando suoni pensi a qualche divinità o ad una bella donna, certo anche facendo la spesa puoi pensarlo se la fruttivendola è bella, ma di sicuro non cominci a dondolare qua e là e a contorcerti nell'atto di pagare il conto... Suonare è come partecipare ad una seduta psicanalitica correndo in un bosco. Si tratta di alchimia, è separare per poi riconciliare, è come fare l'amore... ecco l'ho detto!

 

JC: Giusto! Cambiamo argomento... Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?

RM: Non lo so, credo a tutti. Diciamo che quello di piano solo mi rappresenta e mi mette a nudo. Comunque no, non sono attaccato alle cose che faccio. Forse deve ancora venire il cd al quale sarò particolarmente affezionato.

 

JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull'isola deserta?

RM: Anche questa è una domanda difficile cui rispondere. Non saprei... L'Offerta Musicale di Bach o Kind Of Blue di Miles Davis, questa più per l'atmosfera che per la musica; You Must Believe In Spring di Bill Evans? È veramente difficile. My Song di Keith Jarrett? Te lo giuro non saprei. Mi dispiace.

 

JC: Quali sono stati invece i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?

RM: I Beatles per la musica e per la cultura, Gurdjieff idem, Massimo Troisi per la cultura. James Hillman scrittore e psicanalista per la salvezza dell'anima. Carl Gustav Jung perche è cosi. Roberto Baggio, Maradona, Pelè per restare con i piedi per terra e Douglas Adams per impazzire. Sono sincero però quando ti dico che tutti e nessuno mi hanno influenzato. Ho persino creduto in Dio qualche volta ma mi è passato presto e sono passato a Nelson Mandela ma poi è morto.

 

JC: E i pianisti che ti hanno maggiormente influenzato?

RM: Nessuno e tutti. Forse Bill Evans e Paul Bley... ma è un'influenza passata. Ora sto bene.

 

JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?

RM: Credo quando ho suonato un piano solo recentemente al Candiani di Mestre. Io aprivo un doppio concerto e poi dopo di me c'era Pietro Tonolo. Pietro è stato mio maestro ai tempi degli studi a Siena Jazz e per me era un'emozione e un onore suonare prima di lui. Mi son sentito tranquillo e sincero tutto qua.

 

JC: Quali sono i musicisti con cui ti piace collaborare?

RM: Amo suonare con il mio trio composto da Simone Serafini e Luca Colussi. Poi suono bene con Giovanni Maier che reputo un grandissimo musicista e suonare con lui è sempre stimolante per l'improvvisazione. Ritorno un po' al discorso dell'alchimia. Ultimamente collaboro con un giovane musicista sax contralto: Giovanni Cigui, sembra di conoscersi da sempre, è molto bravo e maturo sotto ogni punto di vista.

 

JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?

RM: Devo esser sincero non trovo niente di entusiasmante. Vedo molta tecnica, ma non trovo nessuno che mi colpisca particolarmente. È come se mancassero dei contenuti nella musica che ascolto. Tutti diventano il nuovo Brad Melhdau o Jarrett, nessuno che sia se stesso. Magari brutti ma se stessi. Poi a livello compositivo trovo un po' povera la scena italiana e mi dispiace.

 

JC: E più in generale della cultura in Italia?

RM: Trovo disastrosa la situazione culturale in tutt'Italia. Infatti se voglio guardare un film cerco tra la filmografia svedese o bulgara che è povera ma buona, anche in quella balcanica. O in un certo tipo di film americani. L'Italia ha toccato delle vette negli anni Sessanta o forse Settanta ancora.

 

JC: Sono perfettamente d'accordo con te...

RM: Se confronti qualsiasi video o trasmissione degli anni '60 o '70 con la televisione di oggi la differenza è evidente, oggi tutto è finzione, apparenza, è una competizione senza contenuti, è tanto sbirciare dietro le telecamere, spiare e farsi gli affari degli altri, per non parlare delle emozioni che quasi non esistono, e se esistono sono esagerate senza contenuto e dignità. Se guardi un filmato di Luigi Tenco della Rai anni Sessanta ti vengono i brividi e fai fatica a non piangere. La fierezza e lo spessore di Tenco nella ripresa Rai nella quale suona Vedrai vedrai è intensa. Ovviamente non è l'unico.

 

JC: Hai un giudizio più o meno definitivo sul problema?

RM: Trovo la situazione italiana tragica. O almeno per quello che si vede. Ci sono delle cose molto belle e autentiche, vari musicisti di talento che stanno emergendo, anche solo nella mia piccola città. Ma la politica e il mondo italiano preferisce morire di noia e non guardare a queste realtà che sono rimaste buone e spero si svilupperanno. Ma non smetto di credere e sto verificando che qualcuno si sta svegliando. Speriamo bene.

 

JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l'immediato futuro?

RM: Sto cercando di far uscire un cd del Riccardo Morpurgo 5et. È un cd di composizioni tutte scritte: composizioni mie, una di Mirko Guerrini, una dei Beatles e una dei King Crimson. La formazione è appunto con Mirko Guerrini al sax tenore, poi Walter Beltrami alla chitarra elettrica, Simone Serafini al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria.

 

JC: C'è qualcosa che vuoi aggiungere su quest'ultimo punto?

RM: Ecco, a questo disco sono particolarmente affezionato, soprattutto per il titolo Lemniscata che è anche una mia composizione. Il motivo è che corrisponde ad un momento recente della mia vita dove ho fatto un percorso con una psicoterapeuta la quale mi ha fatto conoscere questo simbolo. La Lemniscata: simbolo dell'infinito. Ringrazio Lucia Lorenzi per questo.